Tre attori precarissimi, tre vasche da bagno, tre galline e uno sguardo disilluso e smaliziato sul nord est e sulle sue faraoniche illusorie mollezze.
Underwork è una fotografia mossa di un tempo di mezzo in cui i giovani, se da una parte sono a mollo e annaspano, dall’altra sono a mollo e fanno l’idromassaggio, bevono cocktail, galleggiano. Racconta come, nel nord est, la situazione di precarietà e incertezza non venga vissuta dai più giovani con l’allarmismo e la preoccupazione di cui si sente spesso parlare ma al contrario di come giochino e siano dei liberi professionisti felici.
Qui non si condanna e non si spiega nulla. Procede parallelamente su due modi narrativi: da una parte c’è la leggerezza del dolce far nulla rappresentata in scena dalle vasche da bagno, dalla musica di Liza Minelli, dalla pioggia di monetine, dall’altra un recitato scarno ed incisivo, frasi corte e serrate. Ed è in questi testi che gli attori enumerano ed accumulano frasi, luoghi comuni, dati, canzoni, ansie, imprecazioni, slogan: tutti i punti di vista possibili.