Due uomini di teatro si incontrano per caso dopo tanto tempo, su un palcoscenico che potrebbe essere una zattera nell’altrove.
Non se ne rendono conto, ma una figura –il custode del teatro, un regista, il loro erede? – li guida nella scoperta di essere stati in qualche modo legati lungo tutto il corso della vita.
La loro è stata un’amicizia ruvida, senza compiacimenti né complicità, entrambi seguendo su diverse mappe le tracce di un teatro necessario a sé stessi e agli altri.
In questo ritrovarsi ironico e disincantato, l’enigmatico Servo di scena suggerisce e suona i temi privati e universali che hanno interpretato, chissà se bene o male nel corso della loro vita.
I racconti dei due diventano un viaggio che li porta a fare i conti con sé stessi, con le differenze tra loro, con visioni e vicende dell’eterno passato, un viaggio che attraversa opere, scuole, maestri, colleghi, amori, colpe, malattie. Memorie ferite.
L’esercizio della sincerità è la loro ultima recita costellata di incidenti, una musica incostante nella quale affiorano le conseguenze dell’amore travolgente per un teatro popolato da mille personaggi e specialmente, in quest’ultimo passaggio, dal Gatto e la Volpe, l’anziana coppia che vorrebbe giustiziare simbolicamente quel Pinocchio che è diventato un “bravo bambino”, il vero vincitore nella realtà storica.
La scombinata narrazione procede per salti e cadute, da un’allegra insofferenza iniziale all’ultima uscita di scena, uno sconsolato matrimonio.
Per astra ad aspera. Fine teatro mai.
Note degli autori
Questo lavoro è stato dapprima scritto da un anziano attore e un vecchissimo professore durante la pandemia che ha rinchiuso tutti in casa per molti mesi. Le battute di Volpe non sono state scritte da Volpe e quelle di Gatto da Gatto. È tutto molto più confuso, grazie anche a ciò che è accaduto durante le prove.
La stesura del primo copione è stato un esercizio di amicizia, di fiducia, di confronto e polemica con il mondo, di accordo e disaccordo, un esercizio che ha permesso ai due di vivere la solitudine della peste nel calore della creazione. E l’avere provato nell’illegalità e in clandestinità è qualcosa di cui i due vecchi vanitosi vanno fieri. Così come dell’aver preparato un’opera teatrale che per molti versi non ha precedenti, ma che non farà male a nessuno.