Composizione delicata e preziosa che fa dell’ironia il grimaldello di un racconto di debolezza personale e collettivo.
In un bilanciamento minimalista che ci pone il tema del peso del mondo, racconta la funzione originaria del teatro, specchio e strumento per superare la fatica e il baratro dell’esistere. Il video, la presenza della performer e del suo “aiuto” tecnico, divengono unico corpo scenico, in un’invasione di campo che tutti sovrasta e coinvolge.
Caterina Marino ha il coraggio e la simpatia di guardarsi dentro per invitarci a guardare lo spettacolo del mondo, per non rimanere sola e non lasciare fuori nessuno.
“Still alive” parte dal vuoto per restituire il pieno di una stretta di mano, a ricordare l’immagine chapliniana di Luci della città in cui l’unico sollievo è guardare l’orizzonte insieme.
Segnalazione Special Premio Scenario 2021
Dice Caterina Marino
“Non saprei dire quando è iniziato. Semplicemente, a un certo punto non sono più riuscita a immaginare il futuro. Dove ti vedi tra cinque anni? E tra dieci? Non mi vedo, non mi immagino.
Completamente incapace di proiettarmi in un salotto, in una città, in un ruolo, in dei vestiti, meno che mai in un’idea. O in una prospettiva.
Questa per me è la manifestazione concreta della depressione. L’impossibilità di pensarmi in un luogo o in uno spazio.
Un’entità statica, con una naturale predisposizione alla malinconia e radici ben salde nel tessuto capitalista del nostro secolo, incastrata nella generazione dei meme, del black humor, dell’ironia feroce che si fa salvifica.
Still Alive riflette tutto ciò, esplorando le varie fasi che attraversa il corpo depresso, tra il rifiuto e l’accettazione di una condizione non solo personale ma umana. Una composizione che sa di ‘still life’, una natura morta che si lascia osservare, inerme nella sua impossibilità. Senza mai dimenticare, citando Van Gogh, che ‘There is no blue without yellow and orange’, e questo è il mio tentativo di far emergere la luce.
Sondando l’abisso, per poi risalire.
Finché siamo qui. Finché siamo, appunto, ancora vivi.”