Dove sono le emozioni? Che sapore hanno? Che rumore fanno? Di che colore sono?
Scarabocchi nella pancia è un progetto di indagine sul tema dell’identità e delle emozioni che ne fanno parte.
È una riflessione su “il dentro” e “il fuori” che caratterizzano ognuno di noi.
Nella quotidianità i bambini provano varie emozioni, ma non sempre riescono a riconoscerle ed a esprimerle a parole.
Un pensiero sull’identità che non esiste pre-storia ma si arricchisce con l’esperienza e con il tempo della narrazione.
Una condivisione di emozioni che porta a dire che “lo scarabocchio che sento nella pancia lo senti anche tu”.
Viviamo in un’epoca in cui le nuove tecnologie hanno profondamente cambiato il modo di comunicare e imparare dei bambini di oggi cosiddetti “nativi digitali” e in cui “l’immagine” perde a volte il suo valore materico. Anche il teatro d’oggi ha varcato la soglia del digitale e i linguaggi si sono trasformati.
Ma che relazione instaurano i “nativi digitali” con ciò che vedono? Cosa accade se si torna all’origine, se la materia ritorna a rivestire un ruolo fondamentale dell’immagine come portatrice di comunicazione e significato, di efficacia rappresentativa e comunicativa?
Alcuni studi dimostrano che quando si guarda un’immagine significativa si attiva al nostro interno una reazione fisica che si tramuta in un sentimento di empatia emotiva. Nel concreto, le immagini aiutano a immedesimarsi nella storia più delle parole.
In “Scarabocchi nella pancia” il racconto è affidato al potere delle immagini.
L’assenza o quasi di parole diventa l’esito di una scelta linguistica, poetica e universale: le immagini sono leggibili in tutte le lingue del mondo e sono comprensibili a chi non conosce ancora un alfabeto o presenta difficoltà linguistiche o di lettura (come, ad esempio, nell’autismo o nei disturbi specifici d’apprendimento).