Attenzione!
Questa rappresentazione, indipendentemente dai miei sforzi, non avrà nessuna influenza sullo sviluppo dell’Italia e non renderà nessuno di voi migliore o più felice. A meno che voi non lo vogliate.
Ho preparato un raffinato spettacolo triviale interamente dedicato a loro: le pecore nere del linguaggio. L’ho fatto con il candore di un bambino e per capire quali siano i termini da non dire li ho dovuti pronunciare. Non si può? Che fare allora con queste parole? Eliminarle per sempre dal vocabolario? Condannarle a diventare eufemismi? Adeguarle a sinonimi politicamente corretti?
Le parole non possiedono un cervello e non hanno auto coscienza. Non possono essere buone o cattive perché non sono consapevoli, non sanno quello che dicono.
Ma tu?
Io impreco quando cittadini al di sopra di ogni sospetto protagonisti di episodi mediaticamente controversi, si autoassolvono dicendo “era solo una battuta”. Una battuta, se davvero è una battuta, non è mai solo una battuta. Ogni vero comico sa di dire all’imperatore che è nudo. Magari lui non la prende bene e va su tutte le furie. Ma il resto del mondo capisce e squarcia il velo delle illusioni con una risata.
Sono per una comicità che crei conseguenze non per una che consolidi le convenzioni e voglio capire fino a dove posso spingere il mio humor linguistico per smascherare le nostre ipocrisie lessicali. Vorrei che questo spettacolo diventasse un mini corso di difesa concettuale da costruire e arricchire insieme al pubblico.
È più importante cambiare le parole o le cose che quelle parole intendono?
Cari spettatori parlatene male o bene, mandatemi mail minatorie o cartoline di auguri, ma solo dopo aver visto lo spettacolo. Fino alla fine.
Marta Dalla Via