Jitney di August Wilson: la prima messa in scena italiana dell’opera del drammaturgo afroamericano, due volte vincitore del Premio Pulitzer.
August Wilson è il più importante drammaturgo afroamericano del XX secolo: due volte vincitore del Premio Pulitzer, è una figura gigantesca nel panorama del teatro americano. Scomparso nel 2005, ha lasciato un’eredità straordinaria, soprattutto con il suo American Century Cycle: una serie di 10 opere teatrali che offrono uno sguardo completo, decennio per decennio, sull’eredità e l’esperienza degli afroamericani nel corso del XX secolo, tra cui lo sfruttamento, le relazioni razziali, l’identità, la migrazione, la discriminazione. Nonostante la sua straordinaria rilevanza all’interno della letteratura, del teatro e della cultura afroamericana e statunitense, in Italia August Wilson è ancora troppo poco conosciuto dal grande pubblico.
la storia
Nei quartieri a maggioranza afroamericana di molte città degli Stati Uniti, a partire dagli anni ‘50 si sviluppa un servizio di trasporto alternativo all’autobus e ai taxi regolari, troppo costosi, poco disposti a servire certe zone e soprattutto a far salire i neri. Si tratta dei jitney, o gipsy cab, che operano al di fuori della legge ma danno opportunità di lavoro e rendono un servizio importante alle comunità. Per certi versi sono anche i precursori del moderno Uber.
August Wilson ambienta la sua opera all’interno di una stazione di jitney nell’anno 1977 a ‘The Hills’, il quartiere della sua città natale, Pittsburgh, abitato da neri, ebrei e italiani. I racconti degli autisti si alternano al ritmo sincopato del jazz e del linguaggio di strada, interrogandosi su come lenire le ferite del passato e avere fiducia in un futuro incerto. Sono le storie, fatte di conflitti, sconfitte e piccole vittorie di chi nonostante le conquiste del movimento per i diritti civili, continua a essere escluso dal cosiddetto “sogno americano”.
É una situazione che ci sembra distante ma che potremmo ritrovare anche in una Italia del futuro, la cui popolazione continua ad invecchiare e ha sempre più paura di ciò che viene da fuori, in una città specchio di una società divisa e divisiva, che pratica la segregazione.
la scena
Ci troviamo dentro a un edificio di mattoni rossi che è la sala d’attesa improvvisata di una stazione di taxi abusivi. Qualche sedia e un divano, un tavolino con un apparecchio telefonico che ogni tanto trilla, ipnotico.
Passato, presente e futuro sembrano convergere in un’atmosfera ibrida: un po’ retrò e un po’ fantascientifica, come in un film di Star Trek degli anni ‘70.
Appesa ad una parete c’è una lavagna sulla quale sono scritte le tariffe per le diverse parti della città e i numeri giornalieri della lotteria illegale.
Un cartello recita:
Le Regole di Becker
Vietato ricaricare sulle tariffe
Tenere la macchina pulita
Non bere
Essere gentile
Risistemare e pulire gli attrezzi